domenica 30 aprile 2017

L'immondizie da Roma la mandano in Ciociaria al grido di onestà.

La strana coerenza Ambientale del Sindaco di Roma è ad esclusivo danno della Ciociaria. Con tono trionfalistico una testata online della provincia di Frosinone e precisamente Tg24 info ha pubblicato l'articolo: Colleferro – Il sindaco Virginia Raggi contro l’apertura degli inceneritori. Nell'articolo: " Il sindaco Virginia Raggi in linea con il Piano Rifiuti Zero vuole dismettere gli impianti attuali e crearne uno per i “materiali post-consumo”, una sorta di fabbrica dei materiali come luogo del riuso. Tutto ciò partecipando come socio minoritario della società che detiene l’impianto. La sua intenzione infatti è quella di partecipare al bando per ottenere in gestione il polo, dismettere gli impianti attuali e quindi crearne uno per i “materiali post-consumo”. Il fatto strano è il seguente ed è senza ombra di ragionevole dubbio una incoerenza di spessore tanto è vero che in tempi record è stata attuata la politica a 0 STELLE: «Acea deve prendere i rifiuti di Roma negli impianti di compostaggio e aumentando quello che tuttora prende l’inceneritore di San Vittore del Lazio. D’altronde è di una società a maggioranza del Comune di Roma e deve lavorare anche per i cittadini romani. È già stato chiesto ad Acea». Il fatto: In tempo record è stata riattivata la terza linea dell'inceneritore di San Vittore del Lazio in cui il Comune di Roma è socio di maggioranza e allo stesso tempo viene propinata alla popolazione l'eventualità e neppure la certezza di dismettere l'inceneritore di Colleferro dove il Comune di Roma non conta un amato cavolo perchè socio di minoranza. Questa è la politica Ambientale del Sindaco di Roma che vuole zero rifiuti a Roma per fare della Provincia di Frosinone la sua pattumiera. E' evidente che in Ciociaria troppa gente ha la testa solo per separare le orecchie.

 
Ed infatti al nostro presidente Dott. Marco Belli risultano alquanto strani i troppi rifiuti che arrivano da Roma tutti da considerare rifiuti urbani come se la popolazione fosse virtuosa a non creare rifiuti speciali.
E' pur vero che

Al produttore/detentore spetta il compito di classificare i propri rifiuti assegnando a ciascuno il corretto codice CER. Secondo le disposizioni della Decisione 2014/955/UE, del Regolamento 2014/1357/UE e del Regolamento 2017/997/UE, il produttore deve cioè identificare i propri rifiuti attraverso una delle tre macro-categorie di codici previste dal Catalogo Europeo dei Rifiuti (CER):

  • Codice CER pericoloso “assoluto” (AH: Absolute hazardous): Se il legislatore ha preventivamente ritenuto pericoloso il rifiuto in esame, il produttore dovrà attribuirgli un codice CER identificato da un asterisco (*), secondo le proprietà di pericolo definite da HP1 a HP15 nell’Allegato III della Direttiva 2008/98/CE. Sarà comunque compito del produttore procedere con la valutazione delle caratteristiche specifiche di pericolo, al fine di adempiere alle disposizioni della Direttiva Quadro.
  • Codice CER non pericoloso “assoluto” (ANH: Absolute non hazardous): Nel caso di rifiuti per i quali non è previsto, a monte dal legislatore, che possano sussistere caratteristiche di pericolosità, il produttore attribuirà un codice CER privo di asterisco. Questi rifiuti vengono considerati non pericolosi a prescindere dalla concentrazione di sostanze pericolose contenute.
  • Codici CER a specchio: Se un rifiuto è classificato con codici CER speculari, uno pericoloso e uno non pericoloso, per stabilire se effettivamente si tratta di un rifiuto pericoloso, il produttore è tenuto a determinarne le caratteristiche di pericolo HP secondo il metodo seguente.

Che cosa deve fare il produttore di un rifiuto con codice a specchio?

Il produttore/detentore, a fronte di un rifiuto classificabile con codice CER a specchio e considerando le proprie responsabilità lungo l’intera catena di gestione, è tenuto a determinare le effettive caratteristiche di pericolo del rifiuto attraverso le seguenti operazioni:

  1. Individuare i composti presenti nel rifiuto attraverso:
  • La scheda di sicurezza dei prodotti chimici impiegati;
  • Informazioni specifiche del produttore circa l’uso e “quantità” dei prodotti chimici impiegati;
  • La conoscenza del processo produttivo che ha generato il rifiuto;
  • Il campionamento e l’analisi del rifiuto;
  1. Determinare i pericoli connessi a tali composti collegando le indicazioni di pericolo H con le caratteristiche di pericolo HP, ovvero consultando: la normativa europea sull’etichettatura delle sostanze e dei preparati pericolosi; le fonti normative internazionali; la scheda di sicurezza dei prodotti che hanno originato il rifiuto;
  2. Stabilire se le concentrazioni dei composti contenuti comportino che il rifiuto presenti delle effettive caratteristiche di pericolo correlati a essi, effettuando test per verificare se le concentrazioni rilevate siano superiori al limite soglia per le frasi di rischio specifiche per quei componenti.

Quali sono le responsabilità del produttore dei rifiuti?

Nella pratica di ogni giorno, raramente un’impresa dispone delle capacità, degli strumenti e del personale in grado di adempiere alle operazioni di campionamento e analisi per identificare e classificare correttamente i propri rifiuti. Per questo, solitamente l’assegnazione dei Codici CER è affidata a un laboratorio di analisi.
È importante ricordare che la responsabilità del produttore/detentore non viene meno anche in questa fase, a lui restano in capo tutti gli obblighi di gestione. Ciò comporta che sia tenuto al controllo dell’operato dei suoi collaboratori, incluso quindi il laboratorio di analisi al quale affida il compito di classificare i propri rifiuti. Ecco perché il produttore/detentore, tramite una procedura operativa predeterminata, deve:

  • Verificare l’accreditamento del laboratorio e la garanzia di un idoneo sistema di qualità per le operazioni richieste;
  • Assicurarsi che il laboratorio di analisi svolga le attività richieste nel rispetto delle procedure.

In caso di incertezza, occorre classificare un rifiuto come pericoloso?

Il principio di precauzione è da applicare anche ai casi di incertezza, ma soltanto nel caso in cui non sia tecnicamente fattibile ed economicamente sostenibile determinare la natura di un rifiuto (secondo il principio comunitario della ragionevolezza tecnica ed economica). Classificare preventivamente un rifiuto come pericoloso non è, quindi, la soluzione corretta!
Di fronte a un rifiuto con codice a specchio è necessario ricercare in esso le sostanze “che possano ragionevolmente trovarvisi”: secondo il principio di proporzione applicato al principio di precauzione, non è necessario verificare l’assenza di qualsiasi sostanza pericolosa nel rifiuto.

Occorre, quindi, pianificare in modo accurato i parametri chimico-fisici da ricercare nei rifiuti per una corretta classificazione, predisponendo da subito il giusto piano di campionamento: questa importante accortezza ci consentirà di avere la certezza e la tranquillità di aver assolto agli obblighi di legge in modo corretto ed economicamente sostenibile. Il costo dell’attività analitica è infatti irrisorio, se confrontato con gli oneri economici e le regole severe che implica la gestione di un rifiuto pericoloso. Inoltre, disporre di una classificazione eseguita secondo i corretti principi metterà i destinatari del rifiuto nelle condizioni di riceverlo: laddove permanga una forte incertezza, in assenza di una documentazione analitica che ne attesti l’effettiva pericolosità, non metteranno a disposizione la propria capacità di deposito o trattamento.
Chi vivrà vedrà ma la questione non è chiara!

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