Se, come stabilito, Acea avesse avuto da subito la gestione anche delle industrie, la tariffa sarebbe quindi risultata molto meno onerosa per le famiglie . Invece le industrie grandi “consumatrici ” d’acqua sono rimaste nel portafoglio dei consorzi. . La legge Galli prima e il Testo unico ambientale poi prevedono che tali reti confluiscano nella gestione unica. La convenzione di affidamento ad Acea e il relativo disciplinare tecnico stabiliscono che questo passaggio dovesse avvenire entro alcuni mesi dall'appalto del servizio (2003). Ma ad oggi nulla di tutto ciò è mai avvenuto. Infatti, cosa assurda, la Convenzione sottoscritta da Comuni e Acea prevede un obbligo a carico dei consorzi ( previsto dalla legge ) ma i consorzi non sono mai stati chiamati a sottoscrivere quel documento, quindi non hanno mai assunto alcun onere. Tutto il marasma che è in corso deriverebbe dalla normativa nazionale che è rimasta “ nel limbo ”, poiché le modalità con cui i consorzi dovrebbero far spazio al gestore unico è subordinata all'emissione di un apposito decreto ministeriale, che però, dopo 15 anni, non è stato mai approvato.
Questa deregulation ha dato spazio ai consorzi che si sono tirati indietro e si sono creati l’AeA una sorta di “Acea” casereccia per gestire direttamente quei servizi con ricchi bilanci e soprattutto con ricchissimi emolumenti per gli stessi vertici dei consorzi che hanno avuto la fortuna di sedere nel Cda di quell’azienda . Benché il mancato passaggio sia dipeso da una normativa tutta all’italiana, dal contraddittorio comportamento dei comuni e dal rifiuto dei consorzi a riconoscere alcun obbligo, i sindaci che da una parte siedono direttamente o indirettamente nei Cda consortili e dall'altra nell'assemblea dell’Ato5 hanno puntato il dito solo contro il gestore, applicando penali per non aver acquisito le reti industriali .
Multe al gestore che sono state sventolate sui giornali come sfoggio di
muscoli contro Acea, ma la realtà è stata poi un’altra: è finita che buona
parte delle penali milionarie sono state censurate dai giudici, tanto che le
ultime (2014-2015, per circa 2,2 milioni di euro) sono state ritirate e negli anni
successivi la questione non è stata più citata.
I Tribunali hanno poi chiarito come nessuna colpa possa addebitarsi al gestore per come siano andate le cose. Quelli che pagano il conto sono, come al solito, solo i cittadini. Alla fine di questa TARANTELLA , infatti, i ciociari si sono ritrovati a fare i conti con bollette molto più salate; con un ambiente, già malato, ulteriormente inquinato e con una depurazione “truffaldina”, se si vuol dar retta alle tesi della Procura della Repubblica di Frosinone con l’impianto accusatorio che dovrà essere confermato nel processo , senza che nessun sindaco sia mai stato chiamato a risponderne politicamente .
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